Contenzioso

Esercizio del potere di autotutela del Comune

Avverso gli atti impostivi emessi dall’ufficio (avvisi di accertamento relativi ai tributi locali), il contribuente che riscontrasse errori formali o materiali, potrà presentare all’Ufficio Tributi del Comune istanza motivata, in carta semplice, di annullamento o di rettifica dell’avviso stesso, avvalendosi del potere di autotutela dell’Ente, previsto dall’art. 68 del D.P.R. n. 287/92 e dall’art. 2 del D.M. n. 37/97.

L’autotutela offre la possibilità di porre rimedio ad errori commessi, evitando così il ricorso agli Organi del Contenzioso Tributario.

L’Ufficio procederà alla verifica dei dati e alla emissione dell’avviso rettificato o di un apposito provvedimento di annullamento. Dalla data di presentazione dell’istanza i pagamenti sono sospesi fino al ricevimento di nuova comunicazione dell’ufficio.

L’autotutela è una facoltà discrezionale dell’Amministrazione. La presentazione di un’istanza di autotutela da parte di un cittadino non sospende e neppure interrompe i termini di decadenza per la presentazione del ricorso al giudice tributario.

Il contribuente pertanto deve porre attenzione ai termini. Dalla notifica dell’atto ha 60 giorni di tempo per espletare il ricorso, senza considerare il periodo intercorrente per l’autotutela.

Allegati

Ricorso alle Commissioni Tributarie

Contro gli atti di accertamento emessi dall’ufficio e ritenuti illegittimi è possibile presentare ricorso presso la competente Commissione Tributaria.

Per gli atti impositivi riguardanti controversie di valore non superiore a 50.000,00 (cinquantamila/00) euro (*), notificati dal 1/1/2018, ai sensi dell’art. 17-bis del D.Lgs. 546/1992, come riformulato dall’art. 9 del D.Lgs. 156/2015 il ricorso proposto, a pena di inammissibilità, entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento mediante consegna diretta, a mezzo posta (in plico raccomandata A.R.) o notifica direttamente al Comune produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa. Il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica all’Ente. Trascorsi 90 giorni dal ricevimento dell’istanza da parte dell’ente, senza che sia stata conclusa la mediazione ovvero che sia intervenuto l’accoglimento, anche parziale, o il diniego dell’istanza, inizia a decorrere il termine di trenta giorni per l’eventuale costituzione in giudizio del contribuente, secondo le modalità previste dall’art. 22 comma 1 D. Lgs. 546/92 e successive modifiche e integrazioni.

L’ufficio comunale preposto all’esame dell’istanza di reclamo e dell’eventuale proposta di mediazione è l’Avv. Anna Maria Muntoni del servizio Avvocatura comunale, come individuato da deliberazione di Giunta Comunale n. 346 del 10/11/2015.

* importo modificato dall’art. 10 del D.L. 50/2017 convertito nella Legge 96/2017. Per importo della controversia si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; nel caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.

Il ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale deve contenere (artt. 12 e 18 D.Lgs. 546/1992 e art.14 c.3 bis DPR 115/2002):

  • indicazione della commissione tributaria competente;
  • indicazione dei dati del ricorrente e del legale rappresentante (la residenza o sede legale, il domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato, l’indirizzo di PEC e il codice fiscale);
  • indicazione dei dati dell’ufficio che ha emesso l’atto (l’ufficio finanziario o ente locale o agente della riscossione) nei cui confronti è proposto il ricorso;
  • copia dell’atto impugnato oggetto della domanda;
  • i motivi del ricorso;
  • procura a un difensore o a un soggetto abilitato all’assistenza tecnica (obbligatoria quando il valore della controversia supera i 3.000,00 euro a partire dal 1° gennaio 2016 con l’obbligo anche di indicare la categoria di appartenenza del difensore ai sensi dell’articolo 12 del medesimo D.Lgs. n° 546/92, che consenta al giudice la liquidazione delle spese di lite secondo la tariffa professionale [come modificato dall’art. 9, comma 1, lett. e) del D.Lgs. n° 156/2015];
  • indicazione del valore della lite;
  • sottoscrizione del ricorrente o del difensore sia dell’originale che delle copie destinate alle altre parti.

Relativamente alle spese degli atti giudiziari del processo tributario la tassazione è regolata mediante il versamento del “contributo unificato di iscrizione a ruolo” che ha sostituito tutte le altre imposte. Pertanto, in caso di proposizione di ricorso dinanzi le Commissioni Tributarie deve essere versato il contributo unificato, secondo le modalità ed i criteri di seguito indicati previsti dalle disposizioni vigenti in materia.

Il contributo unificato, che ha natura di entrata tributaria, deve essere versato al momento del deposito dell’atto innanzi la competente Commissione Tributaria.

L’importo del contributo unificato tributario è determinato in relazione al valore della controversia che si intende instaurare che, per il processo tributario, corrisponde al valore dell’atto impugnato. Il valore della controversia, ai sensi dell’art. 12, comma 2, del citato D.Lgs. n° 546/92, è quindi l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste. Tale valore deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni del ricorso, come previsto dal comma 3 bis, dell’art. 14 del D.P.R. n.° 115/2002.

Gli importi del contributo unificato sono indicati nell’art. 13, comma 6-quater, del D.P.R. n° 115/2002 con riferimento a sei “scaglioni” di valore della controversia ed esattamente:

Importo della lite CUT
da a
€ 0,00 € 2.582,28 € 30,00
€ 2.582,29 € 5.000,00 € 60,00
€ 5.000,01 € 25.000,00 € 120,00
€ 25.000,01 € 75.000,00 € 250,00
€ 75.000,01 € 200.000,00 € 500,00
€ 200.000,01 ed oltre € 1.500,00

In caso di mancata indicazione nelle conclusioni del ricorso del valore della controversia il contributo è dovuto per l’importo massimo.

Agli importi individuati secondo i criteri sopra indicati devono essere aggiunte le somme eventualmente dovute per le omissioni indicate nel citato art. 13 comma 3 bis del D.P.R. n° 115/2002, cioè la maggiorazione del 50% del contributo dovuto in caso di mancata indicazione nel ricorso dell’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore nonché del codice fiscale del ricorrente.