Parco di Villa Uboldo

Per la Cernusco ottocentesca la Villa ha rappresentato come importanza quello che Villa Alari era stata nel Settecento. Degli edifici che occupavano il vasto spazio, purtroppo, se ne sono conservati pochi. Il primo che si incontra lungo il sentiero è il Tempio a Diana cacciatrice, mentre a sinistra si estende un laghetto artificiale che un tempo aveva due ponti per collegare le isolette al giardino.

In fondo al parco anche la statua di S. Ambrogio, il ponte, la finta facciata della chiesa e il muro merlato sono originali: su questi ultimi si possono vedere i pochi stemmi sopravvissuti ma anche i molti vuoti provocati da un furto avvenuto nel 1999.

Il parco Uboldo costituisce un esempio molto precoce in Italia di giardino romantico – nel 1808 la sua costruzione era già avviata – tanto da costituire un modello in Lombardia. Il lotto di terreno pianeggiante mal si adattava alla trasformazione, ma venne abilmente modificato e la terra di scavo del laghetto andò a formare un’altura interamente percorsa da camminamenti “sotterranei ad imitazione di grotte naturali”, come li definì il Fermini (1933).

Elemento qualificante del giardino rimane il Naviglio. All’estremità orientale è posto il tempio di Diana: pareti e volte sono ricoperte di tufo e conchiglie marine su cui si diffonde una luminescenza mobile di notevole fascino. In prossimità del ponte dell’Assunta, invece, le sue acque sono convogliate in un canale artificiale che si snoda per l’intera estensione del parco formando il lago.

La vegetazione venne disposta a macchie dall’irregolarità attentamente studiata per dilatare illusionisticamente lo spazio, mentre la spianata erbosa antistante la villa era funzionale all’apertura di un cannocchiale visivo dal Naviglio, ora occluso dalla fitta piantumazione.

Un secondo cannocchiale, diagonale, si apre tuttora sulla villa dal ponte dell’Assunta, in tangenza alla fronte della finta facciata di chiesa in stile gotico lombardo concepita come fondale architettonico di supporto alle sculture d’epoca murate in calcolato disordine.

Qui avrebbe dovuto aprirsi l’ingresso principale, mai realizzato. Al suo posto rimane il muro di cinta in ceppo rustico che simula le rovine di un castello con torre e camminamento merlato, forse riuso di strutture fortificate medievali. Sopra il portale, una lapide indica il 1816 quale data di realizzazione.

Il giardino può considerarsi un museo all’aperto della collezione di Ambrogio Uboldo: opere di scultura e frammenti architettonici sono abilmente inseriti in scenari ambientali di ispirazione medievale.

Lungo il muro di confine orientale sono murate lapidi e colonne entro cui si inseriva una collezione omogenea di targhe araldiche in pietra di famiglie lombarde databili tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo provenienti dalla fronte del Palazzo di Giustizia di Milano: ora ne rimangono poche a causa di un furto.

Le sculture di maggior pregio erano invece murate sulla facciata della finta chiesa, alcune provenienti da importanti edifici sacri milanesi.

Purtroppo alcuni elementi del giardino – il ponte del diavolo (così chiamato perché la tradizione popolare ne attribuiva la costruzione al demonio che, in contraccambio, si sarebbe presa l’anima della prima persona che l’avesse attraversato), la capanna boschereccia, la casina di Angelica e Medoro – sono andati perduti con la costruzione del nuovo padiglione ospedaliero.

Nel giardino per tutto l’Ottocento si alternarono in visita i nobili milanesi venuti a Cernusco per ammirare gli spettacoli che Ambrogio organizzava per loro: pranzi alla campagnola (in cui ci si doveva vestire come dei contadini e si mangiavano cibi rustici), balli, concerti, giochi di luci ma anche – come ha scritto il Bascapé – caroselli medievali, finte battaglie, recite e balletti tratti dai poemi cavallereschi.

Indimenticabili, poi, furono il volo di una delle prime mongolfiere (ritratto anche in una stampa della Raccolta Bertarelli) e una sfilata storica di navi (di dimensioni ridotte) terminata con la riproposizione della battaglia di Lepanto, una messinscena che coinvolse decine di figuranti e finì con l’affondamento del vascello dei turchi.


Testo tratto da: “Nel cuore di Cernusco sul Naviglio. Tre passeggiate nel centro storico” di Elisabetta Ferrario e Mauro Raimondi (Book Time – Libreria del Naviglio, 2016)