Ascolta la storia di Vanessa
Ascolta a questo link il podcast con la storia di Vanessa Zappalà realizzato dai ragazzi e dalle ragazze dell’ITSOS Marie Curie di Cernusco sul Naviglio.
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Mi chiamo Vanessa Zappalà e ho 26 anni. Vivo a Trecastagni, un piccolo comune alle pendici dell’Etna in provincia di Catania, dove lavoravo in un panificio. Ero fidanzata con Antonio Sciuto, conosciuto come Tony, finché non arrivarono le botte e gli insulti.
Nel dicembre 2020 lo lasciai, credendo ingenuamente che la nostra storia d’ora in poi sarebbe stata solo un brutto ricordo, un triste capitolo da lasciarmi alle spalle.
Ma era tutt’altro che finita, anzi, il peggio doveva ancora arrivare. Tony non riuscì mai ad accettare il fatto che io non fossi più sua, e cominciò a perseguitarmi. La prima scoperta inquietante fu sapere che, attraverso una copia delle chiavi, si intrufolava in casa mia e dei miei genitori, nel sottotetto, e ascoltava le nostre chiacchierate tramite la canna del camino. Scoprimmo anche che teneva traccia dei nostri spostamenti con dei GPS che aveva installato sotto le nostre automobili; lo trovavo appostato sotto casa mia, vicino al panificio, ricevevo continue intimidazioni e minacce al punto che ero diventata prigioniera in casa mia, non uscivo quasi mai o, se uscivo, cercavo di rendermi il meno riconoscibile possibile, truccandomi o avvolgendomi in foulard. La mia vita non mi apparteneva più,
Lui ne aveva il controllo.
Un giorno presi coraggio e, finalmente, lo denunciai alla Procura di Catania. Tony venne arrestato il 7 giugno, ma ne uscì con solo un divieto di avvicinamento di 200 metri. Una barzelletta. Un provvedimento che si rivelò insufficiente. Era la notte tra il 22 e il 23 agosto, una serata apparentemente tranquilla; passeggiavo con amici per il lungo mare di Aci Trezza, quando da lontano riconobbi l’auto di Antonio avvicinarsi, e subito mi misi in allarme. Un tempo, se la me del futuro mi avesse detto che un giorno avrei provato paura alla sola vista dell’uomo che mi aveva fatto sentire amata, o addirittura che le stesse mani che una volta mi stringevano, si sarebbero macchiate del mio sangue, non ci avrei creduto. Eppure…
Intimai a Tony di andarsene, minacciandolo di chiamare le forze dell’ordine. Mi allontanavo, dandogli le spalle, con le mie amiche, quando all’improvviso lui sopraggiunse da dietro; con una mano mi prese per i capelli, con l’altra premette il grilletto. Fece fuoco per sette volte davanti a passanti, conoscenti, davanti a quelle amiche che erano tanto preoccupate per la mia sicurezza e che videro i loro peggiori timori diventare realtà sotto i propri occhi. Antonio fu ritrovato morto impiccato poche ore dopo nel casolare di un suo parente, e io non ricevetti mai giustizia.