Ascolta la storia di Aurelia
Ascolta a questo link il podcast con la storia di Aurelia Bagnai realizzato dai ragazzi e dalle ragazze dell’ITSOS Marie Curie di Cernusco sul Naviglio.
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Mi chiamo Aurelia Bagnai e sono una viaggiatrice cronica: Instanbul, Zagabria, Montecarlo, Cannes, ogni volta che sono andata in giro era come rivivere. Ero una modella un lavoro che ti regala la possibilità di visitare posti diversi in tutto il mondo e di fare infinite esperienze. A 18 anni come tutti, amavo anche uscire a divertirmi e sempre grazie al mio lavoro avevo accesso alle feste più belle della Milano bene e dunque l’occasione di incontrare persone di ogni tipo.
Girava voce che ci fosse questa festa incredibile presso la “Terrazza Sentimento” in centro a Milano, un’occasione imperdibile! Così ho subito scritto ad un’amica ed insieme ci siamo accordate per incontrarci lì la sera della festa. Molti potrebbero trovarsi a disagio in situazioni simili, ma non io, io non ho mai avuto difficoltà ad avere i riflettori puntati addosso e a sentire gli occhi delle persone seguirmi.
Stavo ballando e come spesso accadeva, uomini di varie età, si avvicinavano per ballare e a volte offrirmi da bere, come se non sapessi che fosse un modo per attirare la mia attenzione e passare del tempo con me, ma ci ero abituata e qualche passo condiviso sulla pista da ballo e qualche parola spesa al bancone non mi hanno mai creato problemi. Quella sera si era avvicinato un uomo visibilmente più grande di me, nulla di nuovo insomma, e con grande galanteria mi ha offerto da bere un bicchiere di champagne.Ho accettato la cortesia e ho continuato a ballare in pista fino a quando…il buio.
Non ricordo con chiarezza cosa sia successo. Le immagini di quella sera sono per me come figure osservate dietro ad un vetro appannato. Ricordo le voci il dolore che mi pervadeva il corpo, la manette ai polsi e il rosso che tingeva le lenzuola. Non ricordo qunto tempo fosse passato, quante persone ci fossero nella stanza, quante mani stavano rubando l’intimità del mio corpo. La prima cosa di cui ho memoria è l’orrida immagine di quest’uomo sdraiato accanto a me ed illuminato dalle luci del pomeriggio. Ero sotto shock.
Senza vestiti mi precipitai in strada. Alcuni poliziotti mi raccolsero e iniziarono a farmi domande a cui non sapevo dare risposte chiare. Ho denunciato l’accaduto nonostante non fosse chiaro nemmeno a me cosa fosse successo realmente quella notte. Ma alcune telecamere avevano ripreso tutto. Quando mi informarono di cosa avevo subito, il dolore di quella notte si è risvegliato nel mio corpo e mi ha trafitto l’anima. Giustizia è stata fatta. Il mostro che sembrava avermi strappato la vita dalle mani, è stato condannato a 8 anni e 4 mesi. Oggi, a distanza di due anni, sono in grado di raccontare cosa è accaduto a chi me lo chiede. Io non ho niente di cui vergognarmi, niente da nascondere, non devo aver paura di parlare di ció che è successo.
DOVEVO raccontare la verità perché il mondo sarebbe allora capovolto se chi ha subito il male dovesse aver paura o vergogna.