Dentro lo Schermo 22^ ed. | Hirokazu Kore-eda e i film delle altre famiglie possibili
Contenuti delle singole serate
- Nuove configurazioni
Kore-eda ha spesso affrontato il tema della riconfigurazione dei nuclei affettivi. Non si tratta di “sostituire” la famiglia tradizionale ma di rinnovarne sentimenti e legami che, dati per scontati nelle famiglie naturali, troppe volte vengono traditi. Ma anche altri autori hanno narrato quei rapporti umani capaci di creare, magari temporaneamente, “una famiglia” che l’Anagrafe non riconoscerebbe.
- Famiglie disfunzionali
Sempre attento a lasciare comunque un sentimento di fiducia nell’umanità, Kore-eda non ha mai realizzato film in cui ci fosse solo la messa in scena di colpe o fallimenti familiari. Così, come vari suoi colleghi (Truffaut su tutti), nel racconto a volte anche durissimo di situazioni al limite del tollerabile, ha sempre messo almeno il seme di una possibile rinascita dei valori di vicinanza affettiva.
- Uniti e separati
Nei “ritratti di famiglia con tempesta” di cui è piena la storia del cinema, la problematica della fine di una coppia (specie se già genitoriale e dunque caricata della responsabilità educativa dei propri figli) rappresenta un drammatico bivio tipico della nostra epoca. Ma almeno dai tempi di Kramer contro Kramer, molti film hanno reso questo tema meno traumatico, tingendolo di delicatezze e attenzioni.
- Fuori dai binari
Le “questioni di genere”, solo sfiorate dai film di Kore-eda, sono state invece più esplicitamente narrate (come vedremo) da molti suoi colleghi, sempre con grande sensibilità. Ma, in fondo, la radice della posta in gioco è proprio quella universale più volte raccontata dal regista giapponese, ovvero la nostra capacità di accogliere con amore e comprensione qualsiasi forma di “diversità”.
- Le Istituzioni
Se già la famiglia (nucleo di base della società) fatica a comprendere e ad accettare i propri componenti che osino deviare dalla “norma”, è facile intuire come le Istituzioni, fondate sull’osservanza della Legge, possano risultare sorde a nuove istanze affettive e cieche di fronte ad impreviste forme di “amore di fatto”, rappresentando un rigido ostacolo alla loro realizzazione.
- La gentilezza d’animo
Kore-eda e i tanti registi delle “altre famiglie possibili” non hanno mai comunicato tali temi tramite una gridata certezza ideologica. Piuttosto, è con il loro modo di usare con dolcezza le forme del cinema (inquadrature, musiche, montaggio…) che hanno saputo esprimere quei sentimenti di comprensione dell’altro che darebbero finalmente spessore e umanità al nostro sguardo sul mondo.
Introduzione
Per lungo tempo i film del grandissimo regista giapponese Hirokazu Kore-eda non sono mai stati distribuiti nelle sale italiane, nonostante fossero sempre stati apprezzatissimi da critica e pubblico nei più prestigiosi festival internazionali. Abbiamo dovuto attendere il 2013 per vedere finalmente uscire in prima visione un suo film (il bellissimo Father and son). Da quel momento anche da noi si è accesa l’attenzione per questo sensibilissimo autore, che già da qualche anno stava producendo opere spesso concernenti il tema della famiglia, quasi sempre raccontata in sue particolari (ma sempre umanissime) configurazioni alternative…
Sarà proprio l’osservazione problematica e dolceamara della “riprogrammazione” del concetto stesso di famiglia a costituire il tema del nostro corso. Utilizzeremo perciò i film di Kore-eda come guida ed ispirazione ideale per questa esplorazione, che però passerà anche per tutti quegli altri, tantissimi film (spesso realizzati da autori occidentali se non addirittura italiani) che già da decenni avevano mostrato, proprio come il regista giapponese, come i valori che noi attribuiamo con pigrizia alla sola famiglia cosiddetta “naturale” siano in realtà troppe volte da questa traditi e però anche inaspettatamente rilanciati dalle più svariate forme di aggregazione umana. Queste, pur non essendo definibili famiglie vere e proprie, finiscono infatti con l’esprimerne al meglio le più calde ed educative peculiarità.
Due esempi su tutti: la “non-famiglia ideale” costituita da un carabiniere e dai due bambini in viaggio dal nord al sud Italia verso l’istituto minorile che li attende (nel capolavoro di Gianni Amelio, Il ladro di bambini) e che nel loro provvisorio stare insieme scoprono forse, per la prima volta, cosa significa davvero essere padre e avere un genitore. E poi la “rieducazione” di una intera famiglia naturale ad opera di due temporanei mamma e papà alternativi rappresentati dalla tata e dallo spazzacamino in Mary Poppins, che con la loro leggerezza (espressa col canto e la danza) e la loro “consuetudine con il cielo” alludono anche al compito di co-educatori dei nostri figli svolto dagli artisti (con le loro opere) e, nei casi fortunati, dagli insegnanti, in quel luogo (la scuola) troppe volte guardato dai genitori con gelosia e diffidenza, nel timore di un’usurpazione del proprio ruolo. A volte queste “altre famiglie possibili” riescono ad andare a buon fine, più spesso invece si scontrano con l’ottusa rigidità delle Istituzioni (e delle persone), che non riescono ad accettare la complessità di nuovi, non ancora codificati, nuclei affettivi.
Ma proprio in un’epoca come la nostra, in cui la legittima rivendicazione dei diritti civili e il tentativo di proporre nuove forme di amore familiare finisce spesso in un “tritaidee” di scontri quasi tribali fra posizioni contrapposte (inesorabilmente gridate) risulta quanto mai salutare avventurarsi nei film di un campione della “gentilezza d’animo” come Hirokazu Kore-eda… Qui, anche scenari inquietanti come uno scambio di neonati in culla (Father and son) o il loro abbandono, seguito da rapimento e vendita (come nel suo Broker) o ancora “l’adozione” di una bimba, maltrattata dai suoi genitori naturali, da parte di una “famiglia” di ladri che la educa a rubare (nel suo capolavoro Un affare di famiglia, palma d’oro a Cannes), piuttosto che il complesso gioco di punti di vista su abusi e violenze proposto nel suo ultimo L’innocenza, giungono allo spettatore con la profondità di sguardo e la delicatezza proprie del suo autore, sempre volto a mostrare il primato dei sentimenti di vicinanza umana.
Anche aldilà dei temi delle sue narrazioni, con le sue limpide e toccanti inquadrature e la leggerezza del suo meraviglioso modo di filmare (ad esempio in un film come Little sister) il cinema di Kore-eda riesce infatti a comunicare, già con il suo stesso stile, amore ed accoglienza, che in fin dei conti sono proprio gli ingredienti principali di ciò che siamo soliti definire il valore della famiglia.
Carlo G. Cesaretti
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